Mi sono preso questo impegno sentimentale di
scrivere un omaggio a mio padre, ma ci sarebbe tanto da raccontare che non
saprei da dove incominciare e dove finire... posso dire che per me era un uomo
unico, eccezionale, con una grandissima personalità e ricchezza d’animo ed io
mi sono sentito sempre in un certo modo protetto e privilegiato di essere suo
figlio e di poter stare vicino a lui.
Mio padre ha avuto l’opportunità di cantare in molti paesi e città, in
tantissimi teatri e numerosissimi spettacoli e trasmissioni radiofoniche e
televisive, viaggiando per quasi mezzo mondo, sempre per merito della sua voce e
della sua arte del belcanto.
Quando ha cantato all’estero, ha rappresentato sempre con grande onore e
successo la Sicilia e l’Italia, sia nel canto lirico che nel classico
napoletano e folcloristico siciliano, ricevendo ovunque ottime critiche, spesso
molto lodevoli. Amava tanto la sua patria, la Sicilia in particolare, e non ha
mai dimenticato mai la sua terra e le sue origini.
Grazie alle numerose esperienze da lui vissute attraverso svariate
vicissitudini, semplicemente standogli vicino c’era sempre qualcosa da capire
e imparare. Era un uomo che sapeva comportarsi nel miglior modo con tutti e
nella vita sapeva adattarsi a qualsiasi circostanza.
Io sono stato sempre molto orgoglioso di avere un padre così, non soltanto per
il suo canto (che certamente ammiravo tantissimo e per il quale sono diventato
il suo più importante fan e critico), ma anche per la sua rara modestia e umiltà,
il suo grande cuore, per la sua disponibilità
verso gli altri, per la grande sensibilità d’animo e l’immenso amore che
aveva per me; mi vantava sempre ovunque e per la mia innata timidezza mi metteva
spesso in imbarazzo.
Avevamo un’affinità unica; non eravamo semplicemente padre e figlio, eravamo
anche come fratelli e nello stesso tempo amici inseparabili, condividevamo
insomma quasi tutto, nel bene e nel male.
Eravamo molto legati e sempre in pensiero se uno di noi stava poco bene.
Visse
con grande passione e amore per l’arte del belcanto
Quando la sua voce bella e unica venne a mancare, la sua vita finì
Rimani sempre nei nostri ricordi e nei nostri cuori
Sono
esattamente queste le parole che mi sono sentito di far mettere
sulla sua lapide all’interno della nostra tomba di famiglia.
La
sua vita era prima di tutto cantare e trasmettere delle emozioni a chi lo
ascoltava, questa era la sua vera gioia e la più grande passione che sempre lo
accompagnava. Ricordo che dopo una sua interpretazione della ‘Cavalleria
Rusticana’, in una critica scrissero che avevano finalmente ascoltato ‘un
Turriddu molto focoso’ !
Ogni volta che cantava era come se illuminasse e riflettesse la sua anima, e
appunto cantando con l’anima sapeva coinvolgere e “prendere in ostaggio”
il pubblico. Difficilmente si risparmiava. Devo dire che innanzitutto era
nato cantante, l’aveva nel sangue! Certe
qualità si hanno dentro già da piccoli o da molto giovani e lui quelle del
canto e d’artista nel profondo dell’anima le aveva tutte.
Mio
padre iniziò a cantare in chiesa quando aveva circa sette anni.
Poi verso i quindici anni, il Maestro Giacchino Carmelo, M° presso il
Conservatorio di Musica di Palermo, lo invitò a partecipare come solista nel
“Coro della Conca d’Oro”, a quei tempi uno dei migliori cori polifonici e
gruppi folcloristici siciliani, dove iniziò a cantare le più belle canzoni
siciliane classiche dell’epoca. Già allora con questo coro fece molte tournée
(anche all’estero) riscuotendo successi ovunque.
A diciassette anni, la passione del volo lo spinse a partecipare ad un Concorso
Nazionale per pilota di volo a vela (pilota d’aliante) e lo vinse.
Fu così che dovette seguire un corso di pilota a Bovolone, dove ottenne, come
uno dei più giovani in Italia, il brevetto.
Nel 1941, con il cantante Achille
Togliani vinse
una borsa di studio per diventare
attore-cantante al Centro Sperimentale per Cinematografia di Roma (Cinecittà)
ma purtroppo, a causa della guerra in corso, non riuscì a completare quegli
studi… A Cinecittà ebbe modo di conoscere personalmente diversi attori:
Amedeo Nazzari (con il quale recitò in una breve scena per un film), Luisa
Ferida, Osvaldo Valenti, Rossano Brazzi, Carla del Poggio, il Principe Antonio
de Curtis (in arte Totò) e Miriam di San Servolo (sorella di Claretta
Petacci). L’anno
dopo si qualificò finalista in un concorso di canto alla EIAR (RAI) cantando in
diretta nel programma radiofonico “Trenta minuti nel mondo” dove i
radioascoltatori potevano esprimere il loro voto inviando cartoline postali.
Nel
1949 il famoso tenore Beniamino Gigli lo scelse, come una delle più belle voci
di tenore emergenti, per cantare al Teatro Massimo di Palermo in un concerto
lirico a totale beneficio del Comitato Cittadino ‘Salviamoli’, offerto e
organizzato dallo stesso Gigli. Così mio padre ebbe l’onore di aprire il
concerto con la romanza ‘Vieni’ di Denza e di
cantare, come penultimo brano in programma, ‘Che gelida manina’ dalla
Bohème. Anche Gigli prese parte al concerto cantando tre romanze. La critica fu
molto favorevole; di mio padre scrissero che era un tenore lirico di grandi
promesse.
Nel 1950, avendo vinto un Concorso Internazionale per cantanti lirici, gli venne
assegnata una borsa di studio per perfezionamento all’Accademia Musicale
Chigiana di Siena dove studiò con il Soprano Ines Alfano Tellini ed il M°
Giorgio Favaretto. Nel saggio finale fu prescelto per cantare nella Basilica San
Francesco di Siena, con orchestra sinfonica e coro diretti dal M° Andrea
Morosini, nel concerto commemorativo per il cinquantenario della morte di
Giuseppe Verdi, ottenendo un grande successo di pubblico (circa tremila
spettatori presenti) e critiche entusiaste dalla stampa.
Al concerto era presente anche il Mecenate, fondatore e Presidente onorario
dell’Accademia, il Conte Guido Chigi Saracini.
Poi
seguirono le prime registrazioni storiche sui dischi 78 giri: ‘Vitti ‘na
crozza’ su dischi Cetra nel 1951 (che diventò subito un successo mondiale),
‘E vui durmiti ancora’ (mio padre fu il primo a registrare questi due brani
su dischi) e tante altre canzoni classiche siciliane e napoletane su dischi
Fonit incisi nel 1952 (Torna, Passione, Addio a Napoli, etc..). In
quell’anno mio padre fu invitato dal M°
Furio Rendine per partecipare al Festival della Canzone Napoletana, ‘La
Piedigrotta’, (la tournée durava due mesi) dove cantò, accompagnato dall’orchestra Anepeta, ’’E Campane Napulitane’, canzone che fu premiata e registrata
anche su disco Fonit. La stampa locale (Il Mattino di Napoli) alloro lo
elogiò come ‘Il nuovo Caruso’ per avere cantato senza microfono e commentò
‘Finalmente una voce con la V maiuscola’ ! Sempre
nello stesso anno fu invitato dal MSI a registrare l’inno, ‘Sorgi Sicilia’,
su dischi della VIS.
Nel
1953 fu ingaggiato per cantare in America dove, nel 1954 al ‘Metropolitan
Opera House di Pittsburgh’, interpretò il ruolo primario del ‘Conte di
Almaviva’ nell’opera ‘Il Barbiere di Siviglia’. Il viaggio in America
gli venne offerto, come da contratto, a bordo della bellissima e leggendaria
nave transatlantico ‘Andrea Doria’ dove, durante la traversata, venne
invitato a cantare concerti lirici accompagnato dall’orchestra di bordo
diretta dal Maestro Bandel.
Negli
anni successivi fece molti concerti, tournée, spettacoli e programmi per radio
e TV, prima negli Stati Uniti (per la SBC, NBC, Ed Sullivan e Perry Como Show,
ecc.), poi in Sud-America. In quel periodo ebbe occasione di conoscere
personalmente numerosi personaggi famosi, tra cui gli
attori Jane Russell e Robert Mitchum, si esibì a Cuba con Edith Piaf in
un programma musicale per TV (Canal4) e con Maurice Chevalier e Nat King Cole
nel famoso Night ‘Tropicana’.
Subito dopo la mia nascita nel 1959 (ci trovavamo in Ecuador), mio padre
e mia madre decisero di continuare a lavorare, viaggiando e portandomi
con loro. Il mio lettino era allora semplicemente il cassetto di un armadio
d’albergo o un’amaca che mia madre appendeva tra due muri della stanza. Per
i miei genitori fu una vita abbastanza difficile in quel periodo… ma piena di
soddisfazioni artistiche.
In
America, dal 1955 al 1959, mio padre incise dei dischi 78 e 33 giri per la
Columbia Records messicana e dischi 45 giri per la Onix e Granja. Al rientro
dall’America, dal 1962 al 1964,
seguirono dischi italiani a 45 giri registrati con la Phonotype, Zephir, Fonola
e Primary. Nel 1962 vinse per due volte il 12° Festival della Nuova Canzone Siciliana di Castellammare del
Golfo con la canzone ‘Carritteri ‘nnammurato’ (primo premio) e
‘Saridda’ (secondo premio) che furono registrate immediatamente su dischi.
La
voce di mio padre era una voce di prima qualità, duttile, pastosa, brillante,
di una bellezza naturale e vellutata ma allo stesso tempo squillante e possente,
non artefatta, di spontanea incisività e di chiara emissione e dizione.
La sua voce e la sua arte del belcanto gli hanno dato sempre molte soddisfazioni
artistiche; penso che tutte le sue registrazioni e soprattutto le numerosissime
critiche della stampa ne siano la testimonianza.
La sua voce è stata donata da Dio. Avendo intuito questo, già da giovane mio
padre
non era stato molto favorevole a farsi guidare da maestri o maestre di canto che
gli imponevano tecniche di emissione vocale non adatte o non naturali per lui e
che avrebbero potuto forse rovinargli la voce. Anche per il suo carattere un
po’ ribelle, aveva sempre deciso personalmente quale maestro seguire o quale
tecnica di canto applicare; preferiva in un primo tempo ascoltare più volte su
dischi i suoi cantanti (modelli) preferiti come Gigili, Caruso, Fleta, Jan
Kiepura, Tito Schipa ecc. per poi farsi ascoltare, consigliare ed eventualmente
seguire lezioni da maestri che apprezzava e riteneva adatti per la sua voce.
Ha ricevuto lezioni e consigli dai seguenti maestri di canto:
- Il Maestro Tenore Salvatore
Pollicino di Palermo, con il quale ha studiato
a lungo dall’età di
diciotto anni per prepararsi nei ruoli primari di tenore
in varie opere liriche;
- il Maestro Alfredo Polverosi
dell’EIAR (RAI), con il quale ha studiato
perfezionamento di fonetica
per cantare in programmi radiofonici, dopo aver
vinto un concorso di canto
importante,
- il Maestro Tenore Raffaele Punzo
di Napoli, che era stato il segretario
personale di Enrico Caruso e
possedeva anche lui una voce molto
timbrata e possente (voce
carusiana);
- il Maestro Tenore Giovanni
Martinelli;
- il famoso e leggendario Maestro
Enrico Rosati, che all’epoca viveva a
New York ed era stato il
maestro di Beniamino Gigli e Mario Lanza !
Tutti questi maestri illustri diedero sicuramente consigli preziosi a mio padre
ma suggerimenti importanti li ricevette anche da Beniamino Gigli, che lo aveva
particolarmente a cuore e che mantenne sempre con lui una corrispondenza
epistolare. Inutile dire che Beniamino Gigli era il suo idolo !
Non
continuerò a raccontare i vari studi di mio padre, che per tutta la vita ha
cercato di imparare di più sull’arte del belcanto e spesso diceva:
“L’arte del canto è infinita, non si finisce mai di imparare” ma posso
ancora aggiungere che verso la fine della sua carriera ha tenuto anche lui
lezioni di canto a giovani aspiranti cantanti lirici che gli chiedevano consigli
e pareri. La prima cosa che diceva ai suoi allievi era: “Prima di tutto
studiate e capite bene il testo di quello che state cantando, immedesimatevi e
scoprite quale sentimento ogni parola o frase deve avere. Quando si tratta di
una frase triste o melanconica dovete esprimere questo sentimento, quando c’è
gioia esprimete allegria e così via. Dovete usare i colori, come fa un pittore
con la tavolozza di colori. Usate la voce come se fosse un pennello e quando
cantate una romanza o aria lirica provate a pitturare con la voce un quadro
ricco di colori e di tante sfumature”.
Ed è precisamente questo che mio padre ha sempre tentato di applicare al suo
canto e secondo me è stato questo uno dei motivi del suo successo. Ha dato
sempre molta importanza alla corretta interpretazione e chiara dizione del testo
e diceva: “Ascoltate come interpretavano Gigli, Jan Kiepura, Miguel Fleta, Di
Stefano e Mario Lanza!”. Per questi tenori aveva una particolare ammirazione e
quando incontrò Giuseppe di Stefano (anche lui siciliano) in Messico per la
prima volta nel 1957, divennero subito amici per la vita! Tramite lui, nel 1973,
ebbe l’onore di conoscere personalmente la divina Maria Callas e di essere
invitato nella sua residenza a Parigi.
Di Mario Lanza diceva che nessun tenore è mai stato capace di cantare ed
interpretare in modo eccellente come ha fatto lui. “Se un tenore dovesse
imitare Lanza, finirebbe per uccidersi o rovinarsi la voce! Mio padre era
rimasto molto impressionato da Lanza quando a New York aveva visto per la prima
volta il film “Il Grande Caruso”.
Sembra incredibile, ma mio padre ha cantato e registrato arie liriche fino
all’età di 82 anni !!! (lo testimonia il CD: ‘Romanze Vol.4’ registrato
nel 2002). Pur non avendo più la forza diaframmatica e la capacità
respiratoria e polmonare che possedeva da giovane, la sua voce era rimasta
intatta e per questo aveva voluto continuare a registrare. L’aver saputo
mantenere una tale voce fino a quell’età dimostra la sua grande passione, il
suo amore e il desiderio di voler continuare a cantare la lirica.... sempre.
Aveva poi quel modo di saper comunicare con la gente, così galante,
carismatico e garbato che tutte le persone che incontrava rimanevano incantate e
affascinate dal suo modo di fare (che ahimè oggigiorno
sembra appartenere ad un altro mondo o tempo perché non si usa più...)
Si esprimeva con tanta convinzione, passione, allegria o altro stato d’animo
che coloro che lo ascoltavano avrebbero voluto sentire sempre di più...
Insomma, anche semplicemente raccontando brevi storie personali o aneddoti
sapeva intrattenere ovunque un folto gruppo
di persone o amici. E secondo me questa è una delle doti più importanti
che un artista deve avere prima di tutto dentro di sé, cioè saper comunicare e
trasmettere emozioni dal profondo
dell’anima... Anche questa è una qualità innata che difficilmente si
può apprendere con l’insegnamento… fa parte del proprio carattere. Poi,
come ho detto, c’era in lui quella grande sensibilità d’animo per cui
facilmente si immedesimava nei problemi degli altri. Facilmente si commuoveva
sentendo di situazioni difficili e in quei momenti i suoi occhi si riempivano di
lacrime... La sua fragilità e vulnerabilità lo mettevano spesso a disagio o in
imbarazzo, specialmente di fronte a persone con cui non aveva molta confidenza,
ma secondo me questa è la cosa più bella che un uomo possa esprimere...
Comunque questa sua sensibilità (che io considero una qualità) gli ha
sicuramente permesso di immedesimarsi al meglio nei vari ruoli operistici
e in tutte le romanze e lieder che ha interpretato come cantante lirico,
consentendogli di trasmettere sempre le più profonde emozioni al pubblico.
Carissimo
Papà, non sai il grandissimo vuoto che mi hai lasciato...
Sento che con te se n’è andata un’epoca… Mi hai insegnato tantissime
cose... non le dimenticherò mai ! Fortunatamente ci sono le registrazioni della
tua voce e del tuo canto che mi danno una certa consolazione e faranno sì che
tu rimanga sempre vivo per me, per tutte le persone che ti hanno ammirato,
stimato e voluto bene e per tutti coloro che in futuro avranno ancora la
possibilità di ascoltare e apprezzare la tua voce per la prima volta.
Anch’io ti ho voluto, ti voglio e ti vorrò sempre tanto tanto bene fino
all’eternità… ti porterò nel mio cuore ovunque andrò !
E cito le bellissime parole che una grande ammiratrice di mio padre mi ha
scritto poco tempo dopo la sua morte e che valgono esattamente anche per me:
”Una
parte di me se n’e‘ andata con lui,
ma una parte di lui rimarrà sempre
con me !”
Ciao caro Papà, mi manchi tanto, spero un giorno di potermi riunire nuovamente
a te !
Con
il massimo affetto e devozione,
Tuo figlio Michelangelo Jr.
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